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La bambina che non sapeva odiare

La mia testimonianza

Casa editrice:

Solferino

Autori:

Lidia Maksymowicz con Paolo Rodari

Data di uscita:

20 gennaio 2022

Numero di pagine:

208

Questa è la storia di Lidia Maksymowicz che ho raccolto dopo aver trascorso alcuni giorni a Cracovia con lei.

Lidia aveva appena tre anni quando è entrata assieme a sua madre nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Per tredici mesi è sopravvissuta in quell’inferno, nella baracca dei bambini: una delle piccole «cavie» degli esperimenti del dottor Josef Mengele. La madre di Lidia, cattolica, fin dai primi giorni aveva aderito alla Resistenza bielorussa: una ragazza, con una figlia di pochi anni, che aveva deciso di entrare in clandestinità e di opporsi alla barbarie nazista. Il campo li separerà ma quando tutto sembrava perduto una nuova luce ha invaso le loro esistenze.

“Quando il 26 maggio del 2021 ho brevemente salutato Lidia nel cortile di San Damaso, le ho voluto baciare il braccio su cui è tatuato il numero che le fu impresso nel lager di Auschwitz Birkenau: 70072.
Il mio è stato un semplice gesto di riconciliazione, affinché la memoria del passato si mantenga viva e possiamo imparare dalle pagine nere della storia in modo da non ripeterla, da non fare mai più gli stessi errori. Continuiamo, dunque, a sforzarci, instancabilmente, a coltivare la giustizia, aumentare la concordia e sostenere l’integrazione, essere strumenti di pace e costruttori di un mondo migliore.”

Papa Francesco

“Perché parlarne ancora? Per dovere: il dovere della memoria. Ora e sempre, come un mantra del terzo millennio. La parola chiave è memoria, quella categoria speciale che se esercitata ci permette di mantenere in buona saluta la democrazia.
Chi invece dimentica è più esposto ai pericoli di intolleranza e violenza.Ma come ci si vaccina contro questo «odioso virus»? Studiando la storia e applicando la Costituzione dalla quale tutto discende.”

Liliana Segre

«Prima che i campi aprissero quale fu l’errore? Dare cittadinanza a parole di una ostilità fuori da ogni logica, ma d’un tratto ritenute legittime. Così è ancora oggi. Torniamo ad ammettere parole che sanno di odio, di divisione, di chiusura. Quando le sento in bocca ai politici, mi manca il fiato. Qui, nella mia Europa, a casa mia, ancora quelle terribili parole. È esattamente adesso, in momenti come questi, che può ridiscendere il buio.»