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Speziale, il ritorno di un antico mestiere

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Scrivo per Buone Notizie, l'inserto del martedì del Corriere della Sera, un pezzo (qui uno stralcio) dedicato al ritorno dello speziale nell'abazia di San Paolo Fuori le Mura a Roma, un laico incaricato della preparazione delle spezie e delle erbe medicinali per la salute dei monaci e dei pellegrini che fanno visita
Paolo Rodari

Paolo Rodari

Sono Paolo Rodari, scrittore e giornalista. Mi puoi scrivere inviando una mail a paolo@paolorodari.it

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Dopo quasi cento anni un’abbazia benedettina torna ad accogliere nei propri ranghi uno speziale, ovvero la figura che un tempo era incaricata nella preparazione delle spezie e delle erbe medicinali per la salute dei monaci e dei pellegrini che facevano loro visita. Si chiama Vincenzo Mazziotta, ha 45 anni, e dal 2015 è lo speziale dell’abbazia di San Paolo Fuori le Mura a Roma.

Cosa è uno Speziale?

Da decenni questo venerabile mestiere era scomparso. Le antiche spezierie sono state chiuse e convertite a musei. Una sapienza secolare che portava a curare ogni forma di patologia in modo naturale con rimedi tramandati di monastero in monastero sembrava essersi perduta per sempre. Fu nella prima metà del Novecento che agli speziali venne richiesta oltre alla conoscenza della chimica, la laurea in farmacia. Nessun monaco era laureato e così le abbazie dismisero le spezierie.

Fino al 2009 quando l’abbazia di San Paolo ha la visione di riprovarci. I monaci in seguito conoscono Mazziotta, giovane farmacista che dopo gli studi universitari a Perugia ha proposto senza successo all’abbazia di Farfa di creare un giardino con tutte le erbe e gli alberi citati dalla Bibbia. I benedettini gli chiedono di provare a creare questo giardino a San Paolo. In poco tempo accanto all’abbazia nasce quello che ancora oggi è una sorta d’Eden biblico: «Fu così – racconta Mazziotta – che mi adoperai per creare il giardino accettando, pochi mesi dopo, di diventare nella neonata spezieria il primo speziale dopo i decenni d’oblio».

Il giardino dell’anima

Fin da piccolo Mazziotta sente il richiamo della natura. Cresce in una casa con un grande giardino a Oriolo, paese dell’Alto Jonio cosentino, ai confini della Lucania e del tempo. «Il primo regalo che feci in vita mia fu, a tre anni, una pianta grassa per mia madre – racconta – che ancora se ne prende cura». Si iscrive al liceo classico perché «anche l’anima è un giardino e va curata», dice. Divora in giovane età “Il nome della rosa” di Umberto Eco, in particolare le pagine del dialogo fra Guglielmo da Baskerville e il monaco erborista. Poi l’università con gli studi non solo della chimica ma anche della botanica, della biologia vegetale e della farmacognosia.

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«A Perugia mi mancava il mio giardino – continua – ma ebbi la fortuna di conoscere il professor Alessandro Menghini e di frequentare l’orto medievale che aveva ricostruito all’interno del complesso monastico di San Pietro. Quindi il primo lavoro da farmacista a Capena, la cittadina poco fuori Roma che fino al Novecento, per i casi della vita, dipendeva ecclesialmente dall’abate di San Paolo. È qui che conosce e frequenta l’abbazia di Farfa e la visione di creare un giardino monastico prende forma in lui. Visione che si attuerà a San Paolo e con essa la spezieria, oggi punto di riferimento a Roma, ma anche nel resto d’Italia, per tantissime persone che scelgono di integrare le cure farmacologiche classiche con quelle naturali dell’antica tradizione monastica.

Uno speziale sulle orme di Ildegarda di Bingen

La professione dello speziale è sempre in divenire. Mazziotta tutti i giorni studia i rimedi benedettini, come i libri scientifici lasciati dalla monaca ed erborista Ildegarda di Bingen, facendo sinergia con le nuove conoscenze, studiando a fondo gli effetti collaterali, le interazioni farmacologiche e le potenzialità che non sono ancora del tutto venute alla luce. Spiega: «È il Siracide a dire che dalla terra il Signore fa spuntare erbe medicinali e che chi ha buon senso non le rifiuta. Con esse il medico cura le malattie e allevia il dolore; il farmacista le trasforma in medicamenti. Così le opere del Signore non hanno mai fine e da lui gli uomini ricevono la salute». È partendo da queste parole, scolpite nella Scrittura, che Mazziotta ha creato il giardino botanico. E ha deciso di affiancare ai rimedi benedettini quelli di Ildegarda che vedeva nelle piante «forze terapeutiche nascoste, che non si possono conoscere senza la rivelazione di Dio».

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